28 Feb FRANCO FORTINI
Franco Lattes Fortini
(Firenze, 1917- Milano, 1994)
Poeta, critico letterario e traduttore, ha contribuito alla formazione e allo sviluppo del marxismo critico in Italia e alla nascita di molte delle riviste della sinistra indipendente del secondo Novecento, come «Il Politecnico», «Ragionamenti», «Officina», «Quaderni Rossi» e «Quaderni Piacentini». Ha inoltre collaborato nelle redazioni de «L’Espresso» e «L’Europeo» e dei quotidiani «Corriere della Sera» e «Il Manifesto». La sua fama di traduttore resta legata soprattutto al Faust di Goethe e alla poesia di Brecht, ma anche a Kafka e a Proust.
Nel fondo archivistico che porta il suo nome, le oltre seimila lettere conservate documentano un continuo confronto critico con alcuni tra i più rappresentativi intellettuali europei del suo tempo. (http://www.centrofortini.unisi.it/archivio.html).
Descrizione
Nella produzione intellettuale fortiniana, che va dalla seconda metà degli anni Quaranta ai primi anni Novanta, occupa un posto rilevante la riflessione sulla Russia sovietica. La storia dell’Unione sovietica era considerata da Fortini parte integrante della propria storia di marxista. Su questo si basava la necessità di criticare lo stato di oppressione e repressione delle società del socialismo reale, su cui pesava l’eredità dell’esperienza stalinista, non superata con il XX Congresso.
Dopo l’invasione dell’Ungheria da parte dell’Urss, la lettura nel 1958 del Dottor Živago di Boris Pasternak porterà Fortini a riflettere sul nesso tra Rivoluzione bolscevica, stalinismo e sorti del Socialismo internazionale. In seguito, con la nascita e la diffusione del Dissenso sovietico in Italia, Fortini prenderà atto del fallimento del progetto chruščëviano e dell’intera esperienza socialista sovietica. Da questo momento, il Dissenso diventa un tema frequente dei suoi scritti e della sua riflessione politico-ideologica.
Nella sezione Paesi allegorici di Questioni di frontiera, libro che mette insieme gli scritti di letteratura e politica dal 1963 al 1977, sono presenti: una recensione del Denisovič, un articolo scritto in occasione della pubblicazione italiana di Arcipelago Gulag, una breve nota riassuntiva su Solženicyn e un saggio sulle memorie del matematico Leonid Pljušč. In questo stesso volume, il Dissenso è il punto di riferimento tematico in Più velenoso di quanto pensiate, ovvero dell’articolo centrale dell’intera raccolta. A questi scritti va poi aggiunto l’intervento al convegno Potere e opposizione nelle società post rivoluzionarie, organizzato dal gruppo de «Il Manifesto» nel 1977 a Venezia. Nella sua attività pubblicistica si possono inoltre trovare altri contributi sparsi sul tema, tra i quali un intervento sul caso Daniel-Siniavskij del 1965, e una nota su Amal’rik del 1980.
Secondo Fortini, la protesta intellettuale sovietica era una reazione indotta dalla repressione sociale e politica e il presente sovietico, denunciato dai dissidenti, era la conseguenza diretta del passato stalinista non giudicato.
La condanna dello stalinismo è sempre stato un elemento centrale nella riflessione fortiniana fin dagli anni del Politecnico (1947-8), che ritorna in maniera preponderante negli scritti sul Dissenso. Fortini vedeva due conseguenze dello stalinismo nella coeva società sovietica: la prima riguardava la memoria rivoluzionaria, che rischiava di soccombere al fallimento sovietico; la seconda, l’estinzione della prospettiva socialista in Urss: sia dall’orizzonte reale – il piano socio-economico di base, sia da quello simbolico – il piano utopico-ideologico.
Fin dallo Živago, la letteratura d’opposizione sovietica tendeva ad opporre la libertà interiore al contesto sociale nel quale gli uomini vivono e agiscono, senza prospettare alcuna possibile forma d’incontro tra l’individuo e il suo mondo. La mancanza di una prospettiva storica di cambiamento era per Fortini «il primo vero segno di capitolazione che ci viene dall’Urss». L’integrazione tra bisogni materiali e spirituali è invece un presupposto ineludibile dell’utopia socialista, così come la possibilità di cambiare, mediante l’azione politica, il proprio destino individuale.
Fortini affrontava il Dissenso come un problema interno al marxismo. L’ideologia individualista alla base del Dissenso era generalmente criticata dai marxisti italiani come un refuso occidentalista della coscienza sovietica, da attribuire a minoranze intellettuali o a ragioni di ceto. Pur non condividendo i contenuti ideologici della protesta intellettuale d’oltrecortina, ne difendeva il valore politico, dal momento che essa si presentava come l’opportunità concreta di conoscere la natura oppressiva del socialismo sovietico e di indagare la relazione tra repressione politico-sociale e strutture socio-politiche e economiche in Urss.
In questo modo Fortini si distingue sia dai militanti del Pci, che da quelli della sinistra extraparlamentare i quali, in nome del conservatorismo liberale della maggior parte dei dissidenti, per ragioni diverse, si opponevano a una discussione sulle repressioni sovietiche.
Sono gli anni dell’interlocuzione con il «Gruppo del Manifesto», della partecipazione ai «Quaderni piacentini», dei discorsi agli studenti, delle visite ai detenuti politici degli anni di Piombo. A questo orizzonte politico Fortini destinava la sua riflessione sul tema, con la proposta di demitizzare l’intera vicenda sovietica del secolo per salvare alla tradizione comunista occidentale l’esperienza della Rivoluzione d’Ottobre. Sullo sfondo: lo stragismo, il compromesso storico, l’eurocomunismo, le contestazioni sociali che porteranno allo Statuto dei Lavoratori e al Referendum sul divorzio, le posizioni forti e radicali dei differenti gruppi della sinistra extraparlamentare.
La letteratura del dissenso e le vicende biografiche degli esiliati, dunque, indicavano chiaramente che in Urss il socialismo non era più un’opzione praticabile e nemmeno un orizzonte di riferimento, configurandosi soltanto come «una menzogna inculcata fin dai banchi di scuola, marxismo falsificato peggio di qualsiasi catechismo». Ad ogni modo, la verità storica ed esistenziale che i dissidenti mettevano davanti agli occhi occidentali, il problema di libertà che essi ponevano, non potevano essere elusi ma anzi dovevano essere presi in carico dal pensiero comunista occidentale.
Bibliografia:
F. Fortini, Rileggendo Pasternak, in Verifica dei poteri, in Id., Saggi ed epigrammi, a cura di L. Lenzini, Mondadori, Milano 2003.
F. Fortini, La Statua di Stalin, in Tre testi per film, Edizioni Avanti, Roma 1963.
F. Fortini, Di fronte alla violenza delle scelte, in «Il Giorno», 17 febbraio 1966.
F. Fortini, I paesi allegorici, (Del disprezzo per Solženicyn I, Del disprezzo per Solženicyn II, Al di là del dissenso), in, Questioni di frontiera, Einaudi, Torino 1977.
F. Fortini, Più velenoso di quanto pensiate, in Questioni di frontiera, cit.
F. Fortini, Non mi basta la contemplazione atterrita della contraddizione in Potere e opposizione nelle società post-rivoluzionarie, Il Manifesto, Quaderno 8, Alfani, Roma 1978.
F. Fortini, Al tavolo di Trockij in Fortini, Saggi ed epigrammi, a cura di L. Lenzini, Mondadori, Milano 2003, p. 1485.
F. Fortini, L’ospite ingrato secondo, in Id., Saggi ed epigrammi, cit., p. 1065.
F. Fortini, A un sovietico, in Un giorno o l’altro, Quodlibet, Macerata 2007, p. 214.
[Alessandra Reccia]
[Aggiornato al 30 ottobre 2018]