Centro Tool

Centro Tool

DATE:
1971-1973

LUOGO:
Milano, via Borgonuovo 20

PROMOTORI:
Ugo Carrega in collaborazione con Vincenzo Accame, Sandra von Glasersfeld, Tomaso Kemeny, Rodolfo Vitone, Rolando Mignani.

DESCRIZIONE:
Ugo Carrega, fin dal 1963, quando inizia a collaborare alla rivista “Ana eccetera” di Anna e Martino Oberto, avvia una riflessione sulla possibilità di inventare un nuovo linguaggio capace di fondere la scrittura con elementi grafici di altra natura. Tali considerazioni vengono approfondite ed esemplificate in una serie di periodici promossi dall’artista: «Tool. Quaderni di scrittura simbiotica» (1965-1967), «Bollettino Tool» (1968-1970), «aaa» (1969) e «Bollettino da dentro» (1972). Tool è anche il nome delle edizioni con cui Carrega stampa tra il 1967 e il 1972 una quindicina di pubblicazioni sperimentali, oltre alla collana «Minitool», composta da minuscoli libri d’artista costituiti da semplici fogli al ciclostile stampati fronte-retro e ripiegati più volte. Le sue ricerche trovano un pieno sviluppo nel Centro Tool, un artist-run space aperto da Carrega nel 1971 in via Borgonuovo 20 a Milano, dopo che tra il 1969 e il 1970 l’artista aveva già promosso uno spazio espositivo sperimentale nella città meneghina, il Centro Suolo, in via Morgagni 35. Inaugurato l’11 gennaio 1971, il Centro Tool viene così sinteticamente presentato in un volantino diffuso in tale occasione, firmato da Carrega assieme a Rodolfo Vitone, Rolando Mignani, Tomaso Kemeny e Sandra Glasersfeld: «Un centro di diffusione della poesia visuale, l’unica galleria al mondo interamente dedicata a lavori di ricerca sulla parola al di là della parola (verbovisualità)». Tra il gennaio del 1971 e il giugno del 1973 il Centro Tool promuove, tra personali e collettive, un totale di 34 mostre, a iniziare dalla personale del giapponese Shohachiro Takahashi, alla quale seguirono nello stesso anno quelle di Rolando Mignani, Heinz Gappmayr, Vincenzo Accame, Siegfried Schmidt, Jochen Gerz, Marcel Alocco, Daniel Biga, Rodolfo Vitone, Ben Vautier, Emilio Isgrò, Giovanni Acquaviva, Alain Arias-Misson, Massimo Mariani, Joe Di Donato, Duccio Berti e Angelo De Aquino, oltre ai focus sulla Poesia signalista jugoslava, sul giapponese gruppo VOU e a un’Esposizione internazionale di poesia visuale, in occasione della quale vennero proiettate nel corso dell’inaugurazione una serie di opere per episcopio accompagnate da declamazioni, parte delle quali sono oggi conservate all’Archivio del ‘900 del Mart. Nel corso del 1972 vengono realizzati solo progetti collettivi, accentuando l’accento anticommerciale e impegnato della galleria. Dopo Esposizione internazionale di Operatrici Visuali curata da Mirella Bentivoglio, di fatto la prima rassegna italiana che indaga sulle ricerche verbovisuali da un punto di vista femminile (e femminista, si veda il testo di presentazione di Anna Oberto), il Centro Tool chiude da fine gennaio a inizio ottobre, per poi riaprire con alcune mostre che riflettono sui processi che determinano e caratterizzano il processo creativo: un progetto collettivo di Tomaso Kemeny, Franco Sacchi, Renzo Ferrari e AG Fronzoni,  Opus Demercificandi, Quattro usi diversi in un sol uso e, nel 1973, Gli oggetti recuperati dalla nostra infanzia, che propose una serie di giocattoli ricostruiti da Ugo Carrega, Vincenzo Ferrari e dal designer Claudio Salocchi. Il carattere anti-commerciale di questa serie di mostre risulta particolarmente evidente in Opus Demercificandi, curata da Vincenzo Accame e inaugurata il 7 novembre 1972. In tale occasione vennero esposte 56 opere inviate gratuitamente da una cinquantina di artisti internazionali, tra i quali Jochen Gerz, Achille Cavellini, Ketty La Rocca, Mario Persico, Ben Vautier, Franco Vaccari, Gianfranco Baruchello, Wolf Vostell, Luciano Caruso, Heinz Gappmayr, Kitasono Katué, Clemente Padin, Maurizio Nannucci, Adriano Spatola, Michele Perfetti e Mirella Bentivoglio, Eugenio Miccini, Hans Clavin, Dadamaino, Ken Friedman, Herman Damen e Lamberto Pignotti. Accanto ad ogni lavoro era collocato a parete un formulario, compilando il quale il visitatore poteva portarsi a casa l’opera. Oltre ai dati anagrafici, al visitatore veniva chiesto il perché avesse scelto quel determinato pezzo; in poco tempo, nel corso dell’inaugurazione, la mostra era già stata completamente sostituita da tali formulari, poi riprodotti in catalogo in luogo delle opere. Le esposizioni che seguono nel corso del 1973 sono prevalentemente personali – Amelia Etlinger, Juhani Takalo Eskola, Laura Alvini, Vesa Suomalainen – ad eccezione delle ultime tre, tenutesi a cadenza settimanale nel mese di giugno; eventi che di fatto vanno a chiudere l’esperienza del Centro Tool evidenziandone ulteriormente il carattere di laboratorio, di network tra artisti affini, di superamento creativo dei limiti posti da budget inesistenti. Le tre mostre presentano opere inviate per posta direttamente dagli autori, tutti appartenenti alla rete di artisti internazionali che a vario titolo avevano collaborato all’esperienza del Centro Tool. La prima, Cards from te world, è di fatto una delle prime mostre di Mail art tenutesi in Italia. In tale occasione furono esposte, liberamente appese alla bava di nylon pendente dal soffitto, 165 cartoline d’artista, con tutta la varietà di tecniche, soluzioni e impegno che caratterizza l’arte postale: dalla semplice stampa in offset (Cavellini) all’intervento manuale su cartoline preesistenti (Munari), dal collage (La Rocca) alla pittura (Crozier), dall’utilizzo di stoffe (Etlinger) alla fotografia (Casazza). A questa seguì Bodies, ironica quanto provocatoria mostra di frammenti corporali: “Non potete venire col vostro corpo (di persona)? Ebbene, mandateci una parte del vs corpo in una busta di plastica […]”. Accanto a soluzioni effettivamente corporali – Vostell inviò pezzi di unghie, Crozier un campionario di peli –, altri artisti proposero soluzioni più creative, come le proprie ceneri (Cavellini) o parte della propria pazienza (Ori). Infine Moments, dal piglio più concettuale, che raccoglie delle “dichiarazioni d’artista” anche qui tese tra il ludico e il concettuale. Chiusa l’esperienza del Centro Tool a fine giugno, Carrega nell’aprile dell’anno successivo riaprì nello stesso luogo un nuovo e più longevo spazio espositivo.

BIBLIOGRAFIA:
Per maggiori informazioni sul Centro Tool, si rimanda in particolare ai seguenti contributi: B. Reale, Centro Tool, in «NAC. Notiziario Arte Contemporanea», n. 4, n.s., aprile 1971, pp. 27-28; U. Carrega, Centro Tool, in «Bollettino da dentro», n. 1, 1972, p. 3; U. Carrega, Centro Suolo, Centro Tool, Mercato del Sale, s.e., Milano 1988; G. Zanchetti, Emorragia dell’io. L’esperimento di poesia di Ugo Carrega, Archivio Nuova Scrittura, Milano 1995; E. Speroni, Le mostre e le attività del Mercato del Sale di Ugo Carrega a Milano, corso di laurea in Lettere moderne, relatore A. Negri, correlatore G. Zanchetti, Università degli studi di Milano, Facoltà di Lettere e Filosofia, a.A. 2001-2002; D. Dogheria, C’era, ma non si sapeva: l’archivio Carrega come opera d’arte, in P. Della Grazia, D. Dogheria, L. Saltini (a cura di), La parola al livello dei sogni. L’archivio di Ugo Carrega al Mart di Rovereto, Biblioteca Cantonale, Lugano 2014, pp. 19-24; D. Dogheria. Ricerche sulla parola, al di là della parola: il Centro Tool di Milano (1971-1973), in «Ricerche di s/confine», Dossier 4, 2018, Esposizioni, pp. 127-138.
Nel fondo Marco Fraccaro-Ugo Carrega all’Archivio del ‘900 del Mart è conservato un album che raccoglie gli inviti e i comunicati di tutte le mostre tenutesi al Centro Tool, unitamente a numerose fotografie b/n che documentano gli allestimenti espositivi progettati (come gli inviti) da AG Fronzoni. Sul canale Youtube del Mart è possibile visionare i rulli-opera realizzati l’Esposizione internazionale di poesia visuale al Centro Tool nel 1971, https://bit.ly/2S0ZaoS,(02/2020)

 

[Duccio Dogheria]
[scheda aggiornata al 1 marzo 2020]