[Leningrado] Caffè Saigon

[Leningrado] Caffè Saigon

Date:
1964-1989

Luogo:
Leningrado

Frequentatori:
Evgenij Venzel’, Konstantin Kuz’minskij, Viktor Širali Evgenij Michnov-Vojtenko, Viktor Krivulin, Tat’jana Goričeva, Viktor Sosnora, Gleb Gorbovskij, Viktor Toporov, Leonid Aronzon, Iosif Brodskij, Evgenij Rejn, Sergej Dovlatov, e moltissimi altri.

Descrizione:
Il Saigon rappresenta la caffetteria più celebre tra i tanti locali frequentati da artisti e letterati durante la «quarta rivoluzione russa», definizione con cui Viktor Krivulin metteva in evidenza la pregnanza semiotica dei caffè letterari, spazi di confronto ben più vivaci rispetto alle sedi culturali ufficiali, quali l’Unione degli Scrittori, l’Università o i LITO (la cui importanza è da ascrivere soprattutto al decennio precedente). Aperto nel settembre 1964 e frequentato in maniera massiccia a partire dall’inizio degli anni Settanta, il Saigon si trovava all’incrocio tra il Nevskij e il Vladimirskij prospekt, al piano terra di un palazzo che al primo piano ospitava il ristorante Moskva. Da qui, il primo nome attribuito in maniera informale alla caffetteria: Podmoskov’e (sobborgo di Mosca). Stando alla testimonianza del poeta e traduttore Viktor Toporov, il toponimo con cui il locale sarebbe passato alla storia è invece legato alla reprimenda rivolta da un agente a due ragazze, ree di essersi accese una sigaretta all’interno del locale («Che, fumate? È un’indecenza, avete messo su una specie di Saigon qua dentro!»). All’epoca, la capitale sudvietnamita era ritratta dai mezzi di comunicazione occidentali come una novella Sodoma, patria del vizio e dei bagordi dei soldati allora impegnati nella sanguinosa guerra del Vietnam. A differenza della Malaja Sadovaja o di altre caffetterie come il Buratino o il Kafe poėtov, il Saigon si caratterizzò sempre come un luogo estremamente aperto e democratico, abitato sia da protagonisti dell’underground come Krivulin e Kuz’minskij, sia da poeti riconosciuti a livello ufficiale, come Sosnora e Gorbovskij. Il locale doveva la sua enorme popolarità alla funzione di raccordo e interazione che svolgeva a favore di gruppi e individui profondamente diversi per età, formazione, abitudini, impegno politico e intellettuale. Questa caratteristica spiega inoltre la longevità di un caffè rimasto attivo per venticinque anni, a dispetto delle ripetute minacce di chiusura: l’esistenza di un simile luogo, aperto dalle 9 alle 22, circoscritto e sorvegliabile, finiva infatti per agevolare il lavoro di sorveglianza delle stesse autorità. Caratterizzato da una libertà di tipo «negativo» (libertà dalle imposizioni culturali e comportamentali dell’ufficialità) e frequentato da poeti, artisti, bohémien, emarginati sociali e persino ex-galeotti, il Saigon si posizionava a metà strada tra la dimensione pubblica di piazza Majakovskij e l’intimità ricercata nelle cucine e negli appartamenti condivisi. Al suo interno avevano luogo semplici scambi di vedute e informazioni su film, concerti, mostre, così come letture e declamazioni di versi, e, adottata qualche accortezza, persino lo scambio di materiale dattiloscritto. Considerando l’alto numero di avventori e il prolungato periodo di apertura, il Saigon rappresenta il luogo principe dell’underground leningradese, pur mantenendosi molto distante dall’aura di trascendenza e spiritualismo fiorita in altri contesti (l’appartamento n.37 di via Kurljandskaja, nel quale Tat’jana Goričeva teneva il suo celebre seminario filosofico-religioso). La chiusura del caffè si sarebbe collocata ormai alla fine di un’epoca, nel marzo 1989, tra le proteste generali e la richiesta, avanzata da alcuni habitué, di preservarne la memoria di luogo simbolo di una città che di lì a poco avrebbe riconquistato il suo toponimo originario. L’emblematica risposta offerta a quell’istanza sta nel tipo di destinazione attribuita agli spazi un tempo occupati dalla caffetteria: un negozio di sanitari; di provenienza, tra l’altro, italiana.


Bibliografia:
G.P. Piretto, Il radioso avvenire: mitologie culturali sovietiche, Einaudi, Torino 2001, p. 324.
V. Dolinin, B. Ivanov, B. Ostanin (sost.li), Samizdat Leningrada. Literaturnaja ėnciklopedija, NLO, Moskva 2003, p. 23.
K. Kuz’minskij, Strana Sajgonia, http://www.kkk-bluelagoon.ru/tom4a/sajgon.htm (04/2018).
V. Parisi, Il lettore eccedente. Edizioni periodiche del samizdat sovietico, 1956-1990, il Mulino, Bologna 2013, pp. 293-298.
M. Sabbatini, Tra il Sajgon e Praga. Il sessantotto e dintorni a Piter, «eSamizdat», 2005, (III), nn. 2-3, pp. 89-90.
Ju. Valieva, a cura di, Sumerki Sajgona, Sankt-Peterburg 2009.
E. Zdravomyslova, Leningradskij «Sajgon» – prostranstvo negativnoj svobody, «Novoe Literaturnoe Obozrenie», n. 100, 2009, pp. 660-676.

 

[Federico Iocca]
[scheda aggiornata al 17 aprile 2018]