05 Feb [Mosca] Teatro alla Taganka
Funerali di Vladimir Vysockij
Data:
25-28 luglio 1980
Luogo:
Mosca
Descrizione:
Nelle prime ore del 25 luglio 1980, in una Mosca blindata per il contemporaneo svolgimento dei Giochi della XXII Olimpiade, moriva all’età di 42 anni il poeta con la chitarra per antonomasia dell’era sovietica: Vladimir Vysockij, figura di culto venerata in ogni angolo del paese. I cantautori ricchi di talento furono diversi in quegli anni di ampia diffusione del Magnitizdat. Nessuno dei pur grandi Bulat Okudžava, Aleksandr Galič o Julij Kim, per citare i nomi più noti, poteva però vantare la popolarità di Vysockij. Accompagnata dal suono di una chitarra spesso appositamente scordata, la sua voce roca e strozzata riuscì nell’impresa di riunire tutti gli strati della società sovietica: dagli operai agli intellettuali, dai detenuti ai dirigenti di partito, dai reclusi nei campi di lavoro agli agenti del KGB, tutti si identificavano nelle canzoni di Vysockij. La sua fama crebbe al pari dell’ostracismo riservatogli da quell’apparato governativo che pur avendogli concesso il passaporto valido per l’espatrio non smetteva di sorvegliarlo, centellinandone la presenza sui canali ufficiali e stampando i suoi dischi, i cui contenuti scabrosi ed eterodossi mal si accordavano con l’estetica ufficiale, con tirature irrisorie rispetto al successo riportato.
Il segno più emblematico della posizione assunta dal potere nei suoi confronti sta nell’inverosimile reticenza palesata alla notizia della sua morte, prematura, improvvisa e al contempo preventivata come quella di tutti i poeti maudits. Gli unici organi di stampa a darne conto furono i quotidiani «Sovetskaja Kul’tura» e «Večernaja Moskva», sul quale il 26 luglio apparve un freddo necrologio di poche righe. Nonostante il silenzio dei mezzi di informazione, la notizia si diffuse rapidamente tramite passaparola, portando nelle ore e nei giorni successivi migliaia di persone al 28 della Malaja Gruzinskaja, dove Vysockij viveva, e soprattutto nella piazza antistante il Teatro alla Taganka, spazio scenico a cui il nome del poliedrico attore e cantante è legato ancora oggi; tra i tanti ruoli da ricordare, celeberrima rimane l’interpretazione di Amleto, una replica del quale era in programma proprio il 27 luglio su quello stesso palcoscenico. Fu questo l’unico spettacolo che in quei giorni surreali il regista e fondatore del teatro Jurij Ljubimov ebbe il permesso di annullare: non un solo spettatore si sarebbe presentato per chiedere indietro i soldi del biglietto. Il giorno seguente, un lunedì, una folla oceanica composta, secondo le cifre fornite dalla polizia, da oltre centomila persone si dispose in una fila di diversi chilometri per dare l’ultimo saluto al bardo, la cui salma era stata esposta a partire dalla mattina nel ‘foyer’ del teatro. Il feretro fu trasportato durante il pomeriggio al cimitero Vagan’kovo, scortato da migliaia di moscoviti. La più grande mobilitazione spontanea dell’era Brežnev, contenuta a stento dalle forze dell’ordine (presenti in massa persino con reparti a cavallo a dispetto del silenzio imposto) suscitò tanto più clamore in una Mosca del tutto anomala, preventivamente ripulita in vista dei Giochi di tutti quegli emarginati cantati anni prima nel brano Milicejskij protokol (Verbale di polizia). Le esequie tenutesi in quegli afosi giorni di luglio, mentre la capitale sovietica si trovava sotto i riflettori dell’opinione pubblica mondiale, costituirono un evento senza precedenti, a proposito del quale il pur celebre e apprezzato Jurij Trifonov ebbe a dire: «dopo Vysockij non si potrà più morire».
Verbale di polizia
(…)
Permettete due parole fuori dal verbale?
Scuola e famiglia che ci insegnano?
Che quelli là sarà la vita a condannarli.
Beh, qua siamo d’accordo. Diglielo, Sergino!
Non appena si risveglia domattina, di sicuro vi farà:
che sia la vita a condannarli, che sia la vita a perseguirli!
Voi lasciate perdere! Ci guadagnerete.
Perché questa cagnara, se è la vita a criticarli!
Non badateci: Sergino annuisce di continuo
ma è sveglio, capisce tutto al volo.
Se sta zitto è solo per agitazione,
per presa di coscienza, dico, per lucidità.
Ehi, gente, non ci chiudete dentro, i bambini a casa piangeranno.
Lui deve andare a Chimki, e io a Medvedki.
Ma sì, tanto gli autobus non passano,
la metro è chiusa, i taxi non ci prendono.
Però, fa piacere che qualcuno ci rispetti.
Guarda, ci portano, Sergino, ci danno un passaggio.
Non ci sveglierà più il gallo con i suoi chicchirichì,
sarà il sergente a tirarci su, come si fa con le persone.
Solo la musica ci manca; Sergino, non appena ci svegliamo…
ho infrattato un rublo: i postumi li ricacciamo giù!
E però, fratello, che fatica il nostro viaggio!
Eh, poveraccio.. ma sì, dormi Sergino.
Bibliografia:
C. Bianchi, Vladimir Vysotskij e le sue canzoni: note sulla ricezione italiana, «IASPM@Journal», vol. 4, n. 2, 2014, http://www.iaspmjournal.net/index.php/IASPM_Journal/article/view/624/pdf_9 (06/2018).
A. Orech’’, Vysockij. Glava 116. «Kak umirat’ posle Vysockogo?..», 28/7/18, https://echo.msk.ru/blog/odin_vv/2245992-echo/ , (08/2019).
G. P. Piretto, Il radioso avvenire: mitologie culturali sovietiche, Einaudi, Torino 2001, pp. 325-326.
S. S. Sacchi (a cura di), Il volo di Volodja, [con CD], ARCANAeditrice, Milano 1992.
P. Zveteremich (a cura di), Canzoni russe di protesta, Garzanti, Milano 1972.
Videografia e materiale fotografico:
Una storia sovietica: Volodia, un uomo scomodo, di D. Volcic, 1982.
Fotochronograf: Pochorony Vysockogo, https://photochronograph.ru/2015/07/26/poxorony-vysockogo/ (06/2018).
[Federico Iocca]
[scheda aggiornata al 24 giugno 2018]