21 Jan QUINDICI
DATA INIZIO:
1 giugno 1967
DATA FINE:
19 agosto 1969
LUOGO:
Roma
DIRETTORE:
Alfredo Giuliani, Nanni Balestrini
PRINCIPALI COLLABORATORI:
Alberto Arbasino, Nanni Balestrini, Andrea Barbato, Renato Barilli, Ignazio Buttitta, Giorgio Celli, Furio Colombo, Corrado Costa, Fausto Curi, Guido Davico Bonino, Umberto Eco, Enrico Filippini, Alfredo Giuliani, Vittorio Gregotti, Angelo Guglielmi, Germano Lombardi, Giorgio Manganelli, Fabio Mauri, Cesare Milanese, Giulia Niccolai, Elio Pagliarani, Letizia Paolozzi, Nello Ponente, Antonio Porta, Angelo Maria Ripellino, Antonio Riva, Edoardo Sanguineti, Adriano Spatola, Gian Battista Zorzoli.
DESCRIZIONE:
Realizzata dai membri del Gruppo 63, la rivista «Quindici» viene pubblicata con cadenza mensile per 19 numeri dal primo giugno del 1967 al 19 agosto del 1969, ottenendo un notevole successo di vendite, in particolare tra i giovani appartenenti ai movimenti di protesta, e raggiungendo una tiratura di 25.000 copie. Inizialmente pensata sul modello della rivista letteraria parigina «La Quinzaine Littéraire» di Maurice Nadeau, di cui riprende il titolo, «Quindici» assume, dopo una lunga gestazione, una forma diversa dal modello originario, connotandosi come un giornale in cui il discorso culturale si lega alla stretta attualità politica. Sin dal primo numero presenta una grafica e un formato innovativi, realizzati da Giuseppe Trevisani – che aveva già progettato «Il Politecnico» e «Il Giorno» -, con la stampa su un unico grande foglio ripiegato, in cui i testi scorrono su colonne, e una copertina essenziale su cui campeggia una grande e riconoscibile “Q”. Il formato cambia in seguito, con il n. 13, a causa dell’aumento del numero di pagine. Il sostegno finanziario per la stampa viene fornito da quattro editori – Carlo Caracciolo della Etas Kompass, Valentino Bompiani, Giangiacomo Feltrinelli e Giulio Einaudi -, i compiti editoriali vengono tuttavia svolti in prima persona da Nanni Balestrini e la proprietà della testata rimane nelle mani degli stessi redattori. La redazione ha sede nella casa romana di Balestrini e la direzione viene affidata a Alfredo Giuliani. L’idea di fondare una nuova rivista emerge nel momento in cui i lavori del Gruppo 63 sono in fase di esaurimento e la strategia culturale fino a quel momento adottata dai suoi membri entra in crisi, in relazione allo svilupparsi dei movimenti di dissenso politico e culturale, che obbligano a un ripensamento della funzione sociale dell’intellettuale. Un incentivo non secondario alla creazione di «Quindici» è dato dall’ostilità del circuito mediatico ufficiale nei confronti della Neoavanguardia, in particolare dopo la breve collaborazione con il «Corriere della Sera» di Umberto Eco, Renato Barilli, Enrico Filippini, Alfredo Giuliani, Angelo Guglielmi e Giorgio Manganelli, conclusasi con il loro allontanamento dal giornale. A seguito di questo episodio appare infatti indispensabile, per il Gruppo, costituire un proprio organo di stampa che garantisca autonomia e indipendenza, e che si ponga come atto contestativo nei confronti del controllo autoritario dei canali di informazione attuato dal potere economico e politico (cfr. U. Eco, Pesci rossi e tigri di carta, n. 16). Dall’opposizione interna all’industria culturale che l’aveva connotata in precedenza, la strategia del Gruppo si sposta dunque verso un’esplicita contestazione all’establishment, ampliando il raggio di interesse e di intervento – fino ad allora rimasto circoscritto all’ambito letterario – ai problemi politici, e tendando con ciò di legare l’azione dell’avanguardia ai movimenti controculturali. In relazione al mezzo adottato – la stampa – cambia anche la strategia comunicativa della Neoavanguardia, basata su un linguaggio più comprensibile rispetto a quello dei testi letterari – che mantengono invece la loro “illeggibilità” -, e che permette di raggiungere un pubblico ben più vasto di quello delle tradizionali riviste letterarie. La linea editoriale, discussa collegialmente tra i membri della redazione, pone la letteratura come punto di partenza per poter affrontare i problemi dell’attualità, così come si legge nel primo editoriale. Ad essa viene inizialmente riservato ampio spazio con la proposta di testi letterari della Neoavanguardia, ma anche con interventi che mirano a precisare la posizione della letteratura e dello scrittore nei confronti della situazione culturale e politica. In questo senso si deve ricordare il saggio fondamentale di Edoardo Sanguineti La letteratura della crudeltà (n. 1), sul ruolo dell’avanguardia rispetto all’industria culturale e alla rivoluzione politica, in cui l’autore precisa che la letteratura d’avanguardia «non è al servizio della rivoluzione, ma è la rivoluzione sopra il terreno delle parole» (in Quindici. Una rivista e il Sessantotto, a cura di N. Balestrini, Feltrinelli, Milano 2008, p. 17), e che essa agisce sul piano delle “cose” – della realtà politica e sociale – nella misura in cui interviene criticamente sul sistema ideologico determinato dal linguaggio. Le numerose recensioni presenti nella rivista – che offrono lo spunto per affrontare problemi di carattere generale – riguardano pubblicazioni di varia natura come saggi di teoria e prassi politica, estetica e letteratura, ma anche le sperimentazioni in atto in diversi ambiti artistici, con una particolare attenzione al teatro sperimentale internazionale e al Nuovo teatro italiano. Sono costanti gli interventi di attualità in cui gli autori discutono di questioni di politica e rendono conto dello stato delle proteste a livello nazionale e internazionale: tra gli argomenti trattati si trovano la politica del PCI – con un’inchiesta all’indomani del congresso nazionale del 1969 -, la repressione poliziesca contro il movimento beat – specie dopo lo sgombero di Barbonia city a Milano nel 1967 -, le lotte per un’editoria indipendente, il Vietnam, la guerriglia internazionale, la politica e il ruolo degli intellettuali nell’URSS, il movimento pacifista e quello studentesco, con approfondimenti dedicati ai movimenti internazionali – tra cui quelli dell’America latina, Messico, Giappone e Cecoslovacchia. Molto spazio viene riservato all’accoglimento dei documenti prodotti dagli stessi protagonisti dei movimenti, con la pubblicazione di interventi politici, volantini, manifesti, documenti programmatici, report e “materiali” di varia natura, che vengono accolti prevalentemente all’interno della sezione Documenti. Il movimento studentesco ha in realtà un ruolo di primo piano sin dal primo numero, dove è presente un articolo relativo alle rivendicazioni degli studenti delle superiori, La scuola che vogliono gli studenti, scritto da Marco Sassano e Marco De Poli, redattori del famoso giornalino studentesco milanese «La Zanzara», che aveva suscitato grandi polemiche ed era stato duramente censurato. A partire dal n. 7 del gennaio-febbraio 1968 i materiali degli studenti diventano preponderanti rispetto agli altri, in rapporto con lo sviluppo delle proteste studentesche. Sul n. 7 compaiono in particolare i documenti dell’occupazione di Palazzo Campana all’Università di Torino, accompagnati dal manifesto “Contro l’autoritarismo accademico – Potere agli studenti”, e un allegato contenente l’ultimo numero di «S», giornale milanese dell’area situazionista italiana diretto da Carlo Oliva. Il n. 11, intitolato Francesi, ancora uno sforzo e dedicato alle lotte del maggio francese, presenta un documento del Comité d’Action Ėtudiants Ėcrivains – fondato tra gli altri da Maurice Blanchot e Maurice Nadeau – in cui vengono riportati gli slogan della contestazione scritti sui muri della Sorbona e, in allegato, il manifesto “La lutte continue”. Ospitando i materiali delle lotte senza alcun commento e senza “ingerenze” da parte dei redattori, la rivista offre un libero spazio editoriale alle voci della protesta, che si trovano affiancate dalle più ardite sperimentazioni linguistiche dei testi letterari del Gruppo e dagli interventi degli studiosi di arte e letteratura. L’avanguardia artistica e la “base” dei movimenti controculturali convivono dunque all’interno della rivista. Come scrive Andrea Cortellessa infatti, «Quindici» può essere considerato il collettore di tutte le forme che la controcultura assume durante gli anni Sessanta, nonché uno dei migliori osservatori e laboratori del Sessantotto (cfr. A. Cortellessa, Volevamo la luna, in Quindici. Una rivista e il Sessantotto, cit.). In breve tempo, tuttavia, i materiali provenienti dalle lotte politiche sembrano assumere maggiore importanza rispetto alla letteratura e mettere in dubbio le effettive possibilità di intervento sulla realtà sociale ad essa attribuibili, confermando – osserva Guglielmi – come la funzione della contestazione sia passata dalle mani dell’avanguardia ai protagonisti dei movimenti, ovvero delle forze orientate verso l’azione (cfr. Una possibilità comune di scrittura, n. 12). Mentre si moltiplicano gli interventi sulle possibilità della contestazione e sulla validità delle nuove forme di protesta, (cfr. in particolare i numeri 9, 12 e 15) si sviluppa una polemica crescente – che riflette la forte eterogeneità di posizioni all’interno della redazione – riguardo al ruolo degli intellettuali dell’avanguardia. Si vedano in questo senso gli interventi volti a chiarire il rapporto tra la strategia di «Quindici» e quelle dei movimenti di contestazione come Presa politica della parola di Fausto Curi (n. 17), incentrato sul linguaggio dei movimenti; Una possibilità comune di scrittura (n. 12) e Il futuro della realtà (n. 17) di Angelo Guglielmi, in cui l’autore prospetta nuove strategie per mantenere in efficienza la funzione contestativa della letteratura; Vietando s’impara (n. 12) e Pesci rossi e tigri di carta di Umberto Eco (n. 16), in cui l’autore rivendica il ruolo degli intellettuali come operatori di cultura e la continuità di «Quindici» con l’esperienza del Gruppo 63. Con il n. 16 del marzo 1969 Alfredo Giuliani abbandona la direzione della rivista, che passa nelle mani di Balestrini: la scelta di Giuliani deriva dal rifiuto di prestarsi a quello che l’autore definisce consumo del dissenso, ovvero all’“inseguimento” del fatto di attualità e del “documento” per condiscendere alle aspettative del lettore, che ha generato confusione nella prospettiva politica della rivista e, soprattutto, minato l’autonomia del lavoro culturale. La questione coinvolge nello specifico il ruolo dell’arte rispetto alla prassi politica e il delicato equilibrio, perseguito dal Gruppo, tra autonomia e eteronomia dell’operazione estetica rispetto alla realtà sociale, nel momento in cui il “diritto” all’espressione artistico-letteraria viene rivendicato da “tutti” come parte integrante della lotta politica e della vita quotidiana, rigettando la proposta di una rivoluzione che rimane confinata sul terreno delle parole. Pienamente in linea con le utopie che animano i movimenti, Balestrini e Mario Perniola, rispettivamente in I nemici della poesia (n. 18) e Arte immaginazione e ricupero culturale (n. 19), comparsi sugli ultimi numeri di «Quindici», propugnano la morte dell’arte, da intendersi come il rifiuto della pratica artistica come pratica riservata a una élite borghese e rivendicata in nome della congiunzione definitiva tra arte e vita, secondo i dettami derivati dalle avanguardie storiche e dal Situazionismo. Davanti all’impossibilità di stabilire una posizione comune su tali questioni all’interno della redazione, si rende inevitabile la chiusura della rivista, decretando con essa la fine “ufficiale” del Gruppo 63. L’esperienza di «Quindici» è probabilmente una delle più significative del periodo di crisi della figura intellettuale, che tenta di mantenere una funzione sociale davanti allo svilupparsi dei movimenti controculturali degli anni Sessanta, ma rappresenta altresì uno dei momenti più significativi dell’incontro tra l’avanguardia e i movimenti stessi.
BIBLIOGRAFIA:
Per la storia e la linea editoriale della rivista si veda soprattutto Quindici. Una rivista e il Sessantotto, a cura di N. Balestrini, Feltrinelli, Milano 2008, che contiene gli indici completi dei numeri, una selezione antologica degli interventi e una bibliografia relativa alla rivista alla quale si rimanda per ulteriori approfondimenti. Il volume è corredato dal saggio Volevamo la luna di Andrea Cortellessa, da cui sono tratte in buona parte le considerazioni qui riportate e che approfondisce il rapporto tra la rivista e il movimento del Sessantotto. Sulla linea editoriale della rivista si rimanda anche a F. Muzzioli, Cavalieri con macchia e con paura, in «Quaderni di critica», n. 1, 1973 e a G. C. Ferretti, L’autocritica dell’intellettuale, Marsilio, Venezia 1970.
[Giovanna Lo Monaco]
[scheda aggiornata al 13 gennaio 2019]