VITTORIO STRADA

VITTORIO STRADA

Vittorio Strada e le culture del dissenso
(1956-1991)

 

Vittorio Strada
(Milano, 1929 – Venezia, 2018)

Critico letterario e russista di fama mondiale, Vittorio Strada è stato fra le colonne portanti della slavistica italiana e internazionale. Con lui si sono formate generazioni di studiosi autorevoli, intellettuali attenti ai rapporti fra Russia e Italia e lettori curiosi e appassionati di letteratura e cultura russa in generale.

Nell’ambito della diffusione delle culture del dissenso sovietico in Italia, Strada ha rappresentato una delle voci più significative. Dal 1954 muove i suoi primi passi come consulente editoriale per la letteratura russo-sovietica all’interno di Einaudi, ruolo che ricopre sino alla fine degli anni Sessanta, quando, per motivi ideologici riferibili all’adesione di alcuni redattori einaudiani alla rivoluzione culturale di Mao, decide di dare le dimissioni, per poi tornare a lavorare per la casa editrice torinese in seguito, con forme di collaborazione più libere.

Nel corso della sua carriera intellettuale ed editoriale – a cui si deve la conoscenza in Italia della più interessante letteratura di epoca sovietica – ha scritto per diversi quotidiani come «Avanti», «L’Unità»,  «Corriere della Sera», «La Repubblica», e riviste, tra cui, in ambito italiano, «Il Contemporaneo», «Rinascita», «L’Europa Letteraria», «Rossija/Russia» (da lui stesso fondata nel 1974), e, in ambito russo-sovietico, «Kontinent», «Russkaja mysl’» e «Strana i mir».

Nei numerosi contributi su periodici, il discorso letterario si aggancia a questioni socio-politiche e ideologiche e il dibattito si concentra su alcuni dei temi più rilevanti della vita culturale italiana e sull’importanza che in essa ha rivestito la cultura russo-sovietica, evidenziandone la centralità nell’ampio contesto europeo.

In qualità di critico letterario, Strada ha rivolto la sua attenzione a figure come Dostoevskij, Čechov, Gor’kij, Majakovskij e Pasternak, proponendo una sorta di canone letterario di riferimento (ne è testimone, fra i tanti, il volume Le veglie della ragione, 1986), non perdendo mai di vista autori – allora come oggi – poco conosciuti in Italia e spesso poco pubblicati in patria quali, per esempio, Ėduard Bagrickij, Evgenij Švarc, Nikolaj Ėrdman, Vladimir Tendrjakov. Ha, inoltre, ricostruito il contesto letterario e culturale russo di epoca rivoluzionaria e le questioni ideologiche ed estetiche ad esso connesse. Nella sua riflessione teorica occupa un posto di primo piano il leninismo (su cui il giudizio muta nel corso degli anni), osservato anche in comparazione, non solo con lo stalinismo, ma anche con alcune delle correnti eterodosse del pensiero marxista.

Nel suo Autoritratto autocritico, Strada descrive la parabola politico-ideologica della sua vita come un processo dal «marxismo critico» alla «critica marxista», fino al totale rinnegamento di qualsiasi prospettiva legata al padre del comunismo moderno.

 

1. Dagli anni Cinquanta alla seconda metà degli anni Sessanta (Giuseppina Larocca)

Gli anni Cinquanta sono segnati dall’esordio come traduttore, avvenuto grazie alla pubblicazione di Nella città natale (V rodnom gorode) di Viktor Nekrasov licenziata da Einaudi nel 1955 (poi uscita per Mondadori nel 1962), dall’inizio di una collaborazione con la casa editrice torinese durata più di un decennio, nonché da una serie di contributi dedicati al disgelo usciti principalmente su «Il Contemporaneo» e «L’Europa letteraria». Si tratta di saggi che attirarono l’attenzione non solo del lettore italiano, ma anche di quello sovietico, specialmente della classe dirigente che, a causa della critica di Strada all’ideologia dominante, si oppose al suo accesso al dottorato presso l’Università statale di Mosca (dottorato che non riuscirà a terminare formalmente per le accuse di «revisionismo» rivoltegli e per le sue posizioni considerate antileniniste) (cfr. Vittorio. Biografičeskaja spravka, pp. 9, 10). Nonostante le forti frizioni, il giovane studioso riesce a partire per l’Unione Sovietica e inizia a conoscerne da vicino la vita intellettuale, i suoi più acuti rappresentanti, assistendo in qualità di diretto protagonista, come lui stesso ricorda, a «un rinnovamento e […] una purificazione dei dogmi sovietici stantii» (È in atto il «disgelo» della critica sovietica, 1956, p. 7). Sin da subito intercetta l’enorme portata artistica e scientifica della letteratura del disgelo e delle nuove teorie letterarie, e guarda con un’attenzione tutta particolare alla letteratura non ufficiale del periodo staliniano, attivandosi affinché esse possano raggiungere, sebbene con la consapevolezza delle conseguenti difficoltà anche il pubblico italiano (si pensi alle vicende legate al Dottor Živago).

Gli anni Sessanta rappresentano gli anni del fermento, dell’instancabile attività di traduzione a cui si affianca una riflessione militante sul momento storico vissuto dall’URSS da cui Strada fa derivare la necessità di un «umanesimo socialista» (Rivoluzione e letteratura, p. LXXIII): come si evince dall’elenco delle traduzioni riportate in calce, Aleksandr Solženicyn, Nikolaj Zabolockij, Evgenij Švarc, Ėduard Bagrickij, Jurij Davydov sono nell’ordine di comparsa gli autori tradotti da Strada a partire dal 1961, i cui testi vengono presentati talvolta anche a firma di altri traduttori come Clara Coïsson, Pietro Zveteremich e Raffaello Uboldi. Vengono tradotti, dunque, prosatori, drammaturghi e poeti spesso invisi all’estabilishment culturale staliniano (Zabolockij, Švarc e Bagrickij) o in rapporto dialettico con quello di epoca chruščëviana (Solženicyn e Davydov).

Contestualmente Strada firma una serie di introduzioni a nuove traduzioni fra cui quella di Lettere agli amici georgiani di Pasternak (Einaudi 1967), mentre sulle colonne de «Il Contemporaneo», «Rinascita» e «L’Europa letteraria» si esprime in merito alla posizione della rivista «Novyj mir» e del suo direttore Aleksandr Tvardovskij, al caso Pasternak, ma anche alle vicende che videro protagonisti il matematico Esenin-Volpin, gli scrittori Sinjavskij-Daniėl, il poeta Brodskij, giungendo a ricordare scrittori estromessi dal canone ufficiale come Andrej Platonov, definito l’ultimo rappresentante «dell’antiutopia russa» (cit. in C.G. De Michelis 1990, p. 226). L’analisi ermeneutica di questi anni lo vede impegnato sul canone letterario sovietico post-staliniano e lo porta a tracciare un primo consuntivo in Letteratura sovietica 1953-1963 (Editori Riuniti 1964), lucida e precisa rassegna a cui segue il discorso sulla produzione letteraria precedente, soprattutto dal 1934 in poi (Rivoluzione e letteratura 1967, nella traduzione di Giorgio Kraiski di cui Strada scrive l’introduzione).

Il desiderio sempre più acceso di comprendere le dinamiche della letteratura russo-sovietica traghetta Strada verso l’indagine degli strumenti e delle metodologie pertinenti alla critica letteraria e alla teoria della letteratura sovietica, specialmente quella di marca non ufficiale. È, infatti, tra i primi promotori in Italia della cosiddetta «critica formalista e neoformalista» così come degli studi di Michail Bachtin: collabora con la rivista «Questo e altro» in cui, per suo merito, nel 1964 vengono pubblicati in traduzione contributi dei giovani della scuola Mosca-Tartu come Boris Uspenskij, Vjačeslav Vs. Ivanov, Aleksandr Žolkovskij e Jurij Ščeglov (scriverà anche l’introduzione Formalismo e neoformalismo); è, inoltre, traduttore per «Strumenti critici» di Jurij Tynjanov e Jurij Lotman, e di Roman Jakobson all’interno della raccolta curata da Tzvetan Todorov, I formalisti russi (Einaudi 1968). Per suo interessamento, nel 1968 esce l’edizione Einaudi Dostoevskij. Poetica e stilistica di Michail Bachtin, a cui seguiranno negli anni Settanta le traduzioni degli altri testi bachtiniani e la silloge Problemi di teoria del romanzo (Einaudi 1976).

Mosso da una forte passione civile e da una graduale e acuta conoscenza della realtà culturale e sociale sovietica, Strada intraprende un percorso che sin da subito lo porta a stigmatizzare l’autocoscienza sovietica, incapace di «marxistizzare pienamente se stessa» (Prefazione in Jurij Davydov, p. 11). Allo stesso tempo, egli cerca di dare uno statuto a tutta quella letteratura non ufficiale diffusasi già durante i primi anni staliniani, promuovendo quella contemporanea del disgelo e mantenendo vigile e determinato lo sguardo verso la scienza letteraria sommersa – il «formalismo», la sua eredità e le ricerche di Bachtin – condotta alla ribalta e recepita allora secondo il dominante strutturalismo e la nascente semiotica.

 

2. Dalla fine degli anni Sessanta agli inizi degli anni Novanta (Alessandra Reccia)

La seconda fase va dalla fine degli anni Sessanta e prosegue per oltre un decennio. In questo periodo il lavoro intellettuale di Strada è volto ad ampliare la conoscenza della cultura russo-sovietica e dei suoi presupposti teorici, presentandone gli aspetti meno istituzionali e più eterodossi. Nell’evoluzione del suo pensiero politico, i fatti di Praga del 1968 sono ritenuti una cesura, «l’inizio della fine» di qualsiasi speranza riformista. Il 1968 è anche l’anno in cui si interrompono le relazioni istituzionali con l’Urss, in seguito all’arresto dello slavista e della sua famiglia da parte delle autorità sovietiche, per aver tentato di portare in Italia una lettera di Solženicyn, indirizzata a «L’Unità». Tuttavia, Strada continua a guardare con interesse alle forze culturali sovietiche progressiste e, d’altro canto, a sperare in una effettiva emancipazione del PCI, di cui avrà la tessera fino al 1980, dai condizionamenti del PCUS.

Attento alle dinamiche interne al mondo intellettuale d’oltrecortina, Strada cura la pubblicazione di alcune opere di Solženicyn come, per esempio, Reparto C (Rakovyj korpus, 1969), di cui scriverà l’introduzione, mentre, nel 1971, per Mondadori, traduce con Clara Coïsson e Pietro Zveteremich Per il bene della causa di Solženicyn. In continuità con l’attività degli anni precedenti, contribuisce in maniera significativa ad arricchire il catalogo di Einaudi di opere contemporanee di alto valore culturale, spesso censurate o che non avevano ancora visto la luce in URSS. Tra le opere che presenta al pubblico italiano troviamo il Maestro e Margherita (Master i Margarita) di Bulgakov, che uscirà per Einaudi nel 1967 in contemporanea all’edizione della Di Donato, ma anche opere che hanno avuto minor fortuna e che pure erano osteggiate in patria, come il romanzo e i racconti Invidia (Zavist’) e I tre grassoni (1969, Tri Tolstjaka) di Jurij Oleša o ancora il romanzo utopico Viaggio di mio fratello Aleksej nel paese dell’utopia contadina di Aleksandr Čajanov (1979, Putešestvie moego brata Alekseja v stranu krest’janskoj utopii) e La facoltà delle cose inutili (1979, Fakul’tet nenužnych veščej) di Jurij Dombrovskij.

Al suo lavoro editoriale è, inoltre, legata la diffusione del breve e intenso saggio di Jakobson, scritto in occasione del suicidio di Majakovskij, Una generazione che a dissipato i suoi poeti (1975, O pokolenii, rastrotivšem svoich poėtov).

Dal punto di vista teorico, in questa fase, del leninismo mette in evidenza i limiti e i motivi di continuità con lo stalinismo.  Con l’Introduzione alla traduzione del Che fare?, comincia la critica sistematica all’impianto teorico del comunismo sovietico.

In questo orizzonte vanno inserite anche le edizioni di Letteratura e rivoluzione di Trockij (1973, Literatura i revoljucija) e del libro Bolscevismo mondiale: la prima critica marxista del leninismo al potere di Julij Martov (1980, Mirovoj bol’ševizm). L’idea di una riconsiderazione delle teorie rivoluzionarie eterodosse, rispetto a quella dominante leninista, anima anche la riedizione del classico gobettiano Il paradosso dello spirito russo (1969) e, per altro senso, lo sforzo di ricostruzione del contesto intellettuale russo, sia di epoca rivoluzionaria – con la citata raccolta Tradizione e rivoluzione nella letteratura russa (1969 e poi 1980) – sia dell’Ottocento, con la curatela di A un vecchio compagno di Aleksandr Gercen (1977, K staromu tovarišču) e la presentazione dell’opera dello storico contemporaneo polacco Andrzej Walicki sullo slavofilismo russo Un’utopia conservatrice (1973).

Già da questa parziale schedatura si evince l’intento di proporre possibili alternative, estetico-letterarie e socio-politiche, al discorso ideologico istituzionalizzato in URSS, di cui in questi anni Strada si impegna a descrivere il volto oppressivo e totalitario.

L’orizzonte ideologico di riferimento resta comunque marxista e, in base ad esso, Strada leggerà anche il fenomeno del dissenso.

Nel 1977, sempre per Einaudi, cura l’antologia Dissenso e socialismo, nella quale raccoglie gli interventi di dissidenti sovietici di area socialista dall’almanacco samizdat «Dvadcatyj vek. Obščestvenno-političeskij i literaturnyj al’manach» (Il ventesimo secolo. Almanacco socio-politico e letterario, 1975-1976), organo della corrente marxista del dissenso sovietico, pubblicato a Londra e diretto da Roj Medvedev e Raisa Lert.

In quello stesso anno si trova al centro di un’enorme polemica per aver disertato la partecipazione alla Biennale del dissenso, organizzata a Venezia da Carlo Ripa di Meana, dopo il boicottaggio del PCI, che era stato inizialmente favorevole della manifestazione.

Attaccato dagli intellettuali vicini al PSI e da quelli democratico-liberali, nonché da Brodskij in persona, sulle pagine del quotidiano «La Repubblica» Strada si difende dalle accuse di ottusità ideologica, viltà intellettuale e piaggeria nei confronti del partito, rifiutando un discorso sul dissenso «faziosamente acritico», pregiudiziale e politicamente indirizzato verso un generico antisovietismo e anticomunismo.

Il suo impegno nei confronti del dissenso sovietico si conferma nel 1974, quando fonda la rivista internazionale «Rossija/Russia», che ospita negli anni collaborazioni e interventi di numerosi intellettuali sovietici in esilio, con lo scopo di superare le barriere culturali tra est e ovest. In questi anni rinuncia anche alla collaborazione sia con «L’Unità», sia con «Rinascita» e, in seguito all’ingresso nel mondo accademico, recide i rapporti lavorativi con Einaudi.

Nel 1980 lascia la tessera del PCI e comincia una rivisitazione radicale del suo precedente posizionamento politico-ideologico.

Questa fase è caratterizzata dalla pubblicazione di una serie di importanti saggi rivolti al futurismo e al simbolismo russo (Simbolo e storia: aspetti e problemi del Novecento russo, 1988) unitamente alla promozione, insieme a George Nivat e Il’ja Serman, della einaudiana Storia della letteratura russa (1989-1991), ma soprattutto, ai fini delle culture del dissenso, da una riflessione sulle forme politico-ideologiche, nonché sulle espressioni storiche e culturali, del totalitarismo russo. Dal punto di vista teorico, questo periodo si apre idealmente con il saggio Marxismo e postmarxismo e ha al suo centro L’autoritratto autocritico, una narrazione autobiografica condotta in terza persona, nella quale Strada rilegge la sua individuale vicenda intellettuale in relazione a «un passato carico di quesiti». 

PUBBLICAZIONI SELEZIONATE [IN ORDINE CRONOLOGICO]:

V. Strada, La letteratura sovietica e il XXII Congresso del PCUS, in «Il Contemporaneo», n. 43, 1961, pp. 3-29.
Id., È in atto il «disgelo» della critica sovietica in «L’Europa letteraria», anno 3, n. 18, Dicembre 1962, pp. 7-13.
Id., Problemi del rapporto direzione-libertà nella cultura dell’URSS, in «Il Contemporaneo», n. 62, 1963, pp. 4-29.
Id., I vinti sono vincitori nel libro di Solzenicyn, in «Rinascita», anno 20, n. 27, Sabato 6 luglio 1963, pp. 24-25.
Id.,
Nota in A. Afinogenov, Pagine inedite di diario su Pasternak, in «L’Europa letteraria», n. 26, gennaio-febbraio 1964, pp. 32-36.
Id.,
Opere e scrittori oggi nell’URSS, in «Rinascita», anno 22, 5 giugno 1965, p. 25-27.
Id.,
Prefazione in Ju.N. Davydov, Il lavoro e la libertà. Una teoria della società comunista, trad. it. di V. Strada, Einaudi, Torino 1966, pp. 7-11.
Id.,
Libri e scrittori nell’Unione Sovietica, in «Rinascita», n. 8, anno 23, Sabato 19 febbraio 1966, pp. 7-10.
Id.,
Introduzione, in V. Lenin, Che fare?, traduzione e cura di C. e V. Strada, Einaudi, Torino 1971, pp. VII-XCIV.
Id.,
Introduzione, in R. Jakobson, Una generazione che a dissipato i suoi poeti, a cura di V. Strada, Einaudi, Torino 1975, pp. VI- XVIII.
Id.,
Dissenso e socialismo, in Dissenso e socialismo, una voce marxista del samizdat sovietico, Einaudi, Torino 1977, pp. VI-XXIX.
Id.,
Signori, il dissenso non deve essere un bene di consumo, «La Repubblica», 17 novembre 1977, p. 14.
Id.,
Consenso/Dissenso, in Enciclopedia Einaudi, vol. III, Einaudi, Torino 1978, pp. 806-817.
Id.,
Marxismo e postmarxismo, in Storia del marxismo, vol. IV. Il marxismo oggi, Einaudi, Torino 1982, pp. 88-113.
Id.,
Le veglie della ragione. Miti e figure della letteratura russa da Dostoevskij a Pasternak, Einaudi, Torino 1986.
Id.,
La mia Russia einaudiana, «La Stampa. Società e Cultura», 6 maggio 1990, p. 2.
Id.,
Incontro con Pasternak, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 1990.
Id.,
Autoritratto autocritico. Archeologia della rivoluzione d’Ottobre, Liberal, Roma 2004. 

TRADUZIONI SELEZIONATE [IN ORDINE CRONOLOGICO]:

Poeti sovietici d’oggi (O. Bergol’c, V. Evtuschenko, L. Martynov, B. Pasternak, B. Slutski, N. Zabolotski), traduzione di M. Socrate, P. Zveteremich, V. Strada, G. Crino, in «Rassegna sovietica», anno VII, n. 5, settembre-ottobre 1956, pp. 126-139.
V. Nekrasov, Nella città natale, trad. it. di V. Strada, Einaudi, Torino 1955.
A. Solženicyn, Una giornata di Ivan Denisovic. La casa di Matrjona. Alla stazione di Krecetkova, trad. di R. Uboldi, C. Coisson e V. Strada, unica traduzione autorizzata dall’autore, Einaudi, Torino 1961.
E. Evtuschenko, Non sono nato tardi! trad. it. di V. Strada, in «L’Europa letteraria», n. 8, aprile 1961, p. 52.
E. Švarc, Il drago, pref. e trad. di V. Strada, Einaudi, Torino 1962.
V. Tendrjakov, Tre, sette, asso e altri racconti, trad. it. di V. Strada e C. Coïsson, Einaudi, Torino 1962.
N. Zabolockij, Colonne di piombo, trad. it. di V. Strada, Editori Riuniti, Torino 1962.
Ė. Bagrickij, L’ultima notte, intr. e trad. it. di V. Strada, Einaudi, Torino 1965.
Ju. Davydov, Il lavoro e la libertà. Una teoria della società comunista, trad. it. di V. Strada, Einaudi, Torino 1966.
Ju. Tynjanov, Sulla composizione dell’‘Evgenij Onegin’, trad. it. di V. Strada «Strumenti critici», n. 2, 1967, pp. 163-183.
A. Solženicyn, Per il bene della causa, trad. it. di C. Coïsson, V. Strada, P. Zveteremich, Mondadori, Milano 1971.

BIBLIOGRAFIA:

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C. D’Ambrosi, La civiltà letteraria negli anni 1960-1965 in URSS attraverso le riviste «Tempo presente» e «L’Europa letteraria», Università degli Studi di Firenze, a.a. 2016/2017.
C.G. De Michelis, Letteratura russa del Novecento in G. Brogi Bercoff, G. Dell’Agata, P. Marchesani, R. Picchio (a cura di), La slavistica in Italia. Cinquant’anni di studi (1940-1990), Istituto Poligrafico e della Zecca dello Stato, Roma 1994, pp. 209-246.
S. Fabiano (a cura di), Gli autori russi in «Rassegna sovietica» dal 1949 al 1980, in «Rassegna sovietica», n. 6, novembre-dicembre 1980, pp. 113-208.
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S. Guagnelli, Rane, elefanti e cavalli. Vittorio Strada e la Biennale del 1977, in «eSamizdat», 2010-2011 (VIII), pp. 317-329.
F. Malcovati (a cura di), Letteratura russa e altre letterature slave, Garzanti, Milano 1989.
P. Mancosu, Živago nella tempesta. Le avventure editoriali del capolavoro di Pasternak, trad. it. di F. Peri, Feltrinelli, Milano 2014.
A. Reccia, L’Italia nelle relazioni culturali sovietiche, tra pratiche d’apparato e politiche del disgelo in «eSamizdat», 2012-2013 (IX), pp. 23-42.
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N.N. Šestakova, Bibliografia della letteratura sovietica tradotta in Italia dal 1945 a oggi, in «Rassegna sovietica», n. 2, marzo-aprile 1987, pp. 59-112.

http://antology.igrunov.ru/authors/roy/ (12/2018)

FONTI ARCHIVISTICHE:

Vittorio Strada (1953-1980), Corrispondenza con collaboratori italiani. Torino, Archivio Einaudi, faldone 204, fascicolo 28/1.

 [scheda aggiornata al 14 dicembre 2018]