05 Mag POESIA SONORA
DATE:
1958-…
LUOGO:
Galleria Annick Lemoine (Parigi); Centro Pompidou (Parigi); Galleria Hundertmark (Berlino); Archivio V.E.C (Maastricht); Galleria Peccolo (Livorno); Studio di Informazione Estetica (Torino); Mulino di Bazzano (Parma); Studio Santandrea (Milano); Galleria l’Attico (Roma).
RIVISTE:
«Les Lettres» (1945-1967, Parigi); «Cinquième Saison» (1968-1963, Parigi); «OU» (1963-1974, Parigi); «Approches» (1966-1969, Ventabren-Marsiglia); «Stereo Headphones. An occasional magazine of the new poetries» (1969-1982, Suffolk); «Poesia Sonora» (1972-1974, Napoli); «Audio Arts» (1973-2006, Londra); «VEC» (1973 – in corso, Maastricht); «Doc(k)s» (1975-2005 Ventabren); «BAOBAB. Informazioni fonetiche di poesia» (1978-1996, Reggio Emilia); «Radiotaxi. Vibrazioni del sonoro» (1982-1984, Verona-Napoli).
CASE EDITRICI:
Éditions Artalect (Parigi); Edition Hundertmark (Berlino); Slowscan Editions (‘s-Hertogenbosch); Ed. Gajewski (Amsterdam); S-Press (Colonia); Scholz Verlag (Obermichelbach); Red Deer Press (Vancouver); Edition Akenaton (Ajaccio); Edizioni Amodulo (Brescia), Factotum Art Edition (Verona); Ed. Pubbliart (Reggio Emilia); Edizioni Elytra (Bologna); Le Lettere (Firenze). CASE DISCOGRAFICHE: Fylkingen Records (Stoccolma); Phono Suecia (Stoccolma); Alga Marghen (Milano); Cramps Records (Milano); Hat Hut Records (Basilea); Arch Records (St. Louis).
EVENTI:
Festival de Fort Boyard (Saint Georges d’Oléron, 1967); Parole sui muri (Fiumalbo, 1967); Stockholm’s International Text-Sound Compositions Festival (Stoccolma, 1968); Poésie au-delà de l’alphabétisme (Modena, 1967); Panorama International de poésie sonore (Parigi, 1976); Recontres de Poésie Sonore (Avignone, 1977-1978-1979); Poesia Sonora in Concert (Verona, 1979); Oggi poesia domani. Rassegna internazionale di poesia visuale e fonetica (Fiuggi, 1979); Rencontres internationales 1980 de Poésie sonore (Parigi, 1980); Manifestazione di poesia sonora-visiva (Torino, 1985); Festival Bobeobi (Berlino, 1994); Audiopoètiques (Barcellona, 1999).
DESCRIZIONE:
La poesia sonora è un movimento eterogeneo che si sviluppa nella seconda metà del Novecento, ma che trae origine dalle sperimentazioni sulla vocalità testuale dei futuristi, dei dadaisti e dei lettristi. In particolare, i rumori plastici di Giacomo Balla, l’onomalingua di Fortunato Depero, lo zaum di Chlebinikov, le poesie rumoristiche di Hugo Ball, i poemi epistaltici di Mimmo Rotella, i collages ritmici e le poesie permutazionali di Vasili Kamenskij, sono dei punti di riferimento fondamentali per il movimento in oggetto. Il poema sonoro è concepito tenendo presente la fruizione orale, per cui le tonalità, i rumori, i timbri, le dissonanze e tutto ciò che appartiene allo spettro del suono veicolano sensazioni, emozioni o messaggi. Le interpretazioni, inoltre, sono molteplici, tanto che, ad ogni ascolto, il poema sonoro offre un’esperienza diversa. Jacques de la Villeglé, nel 1958, sul secondo numero della rivista «Grâmmes», parla di «poésie sonore» per riferirsi ai Crirythmes del poeta ultra-lettrista François Dufrêne, cioè delle composizioni vocali elettroacustiche che non seguono una partitura, preferendo la via della spontaneità. Nello stesso anno, l’inglese Brion Gysin, sperimentatore poliedrico appartenente alla Beat Generation, inventa la tecnica cut-up che prevede il montaggio di frammenti di nastro magnetico preregistrato. Già quattro anni prima, però, l’olandese Herman Damen riprende il concetto di «verbosonia», introdotto nel 1919 da Arthur Pétronio, utilizzando il vocoder e il computer per produrre i poemi sonori. La contaminazione tra poesia, vocalità e tecnologia, infatti, è un elemento sostanziale per questa sperimentazione novecentesca. Se la poesia fonetica utilizza esclusivamente la voce, privandosi dell’ausilio di certi strumenti tecnologici, la poesia sonora sfrutta le innovazioni che si avvicendano via via nel panorama industriale. Tra il 1929 e il 1934 viene realizzato il primo magnetofono, cioè un dispositivo a bobina aperta contenente un nastro magnetico ove è possibile registrare nonché manipolare la voce. Il riverberatore-eco amplifica e moltiplica il suono, mentre il generatore a impulsi può far sì che si ripetano dei suoni a cadenza regolare. L’artista che più di ogni altro ha esplorato il campo della poesia sonora, dando un prezioso contributo teorico e pratico, è il parigino Henri Chopin che, fin dal 1955, utilizza un magnetofono per deformare la voce a tal punto da frammentarla in particelle sonore. Studia la musica elettronica, la matematica e le innovazioni tecnologiche con estrema precisione, al fine di trovare un terreno di incontro su cui poter sperimentare. Dal 1958 egli realizza i cosiddetti «Audiopoems», come Espace et Gestes, Sol-Air e Vibrespace, composizioni su nastro magnetico costituite da decine di sovrapposizioni vocali e da ripetute manipolazioni dei suoni. Nello stesso anno, fonda a Parigi la rivista «Cinquième Saison» che, nel 1964, diventa «OU»: ogni numero contiene un LP di poesia sonora, offrendosi come piattaforma internazionale per il movimento. Collaborano, ad esempio, artisti come Bryon Gysin, Bernard Heidsieck, François Dufrêne e Gil J. Wolman che, pur non essendo organizzati in un gruppo strutturato, sono accomunati dalla volontà di sorpassare la poesia lineare, ma anche la poesia fonetica e la poesia lettrista, attraverso l’esplorazione tecnologica della vocalità o, per dirla come Enzo Minarelli, della vocoralità. Nel 1967 partecipa al Festival de Fort Boyard con Julien Blaine, Gianni Bertini, Mimmo Rotella, John Furnival, Serge Bèguier, Brion Gysin, Gil J. Wolman e altri. Nel 1968, presso il Museo di Arte Moderna di Stoccolma, viene organizzato un festival internazionale di poesia sonora durante cui si esibiscono, per esempio, Heidsieck, Dufrêne, Ake Hodell, Bob Cobbing, Sten Hanson e lo stesso Chopin. Questa manifestazione è molto importante per il movimento, sia perché accoglie artisti provenienti da tutto il mondo, sia perché viene data loro la possibilità di arrangiare i loro pezzi presso lo Swedish Broadcasting Corporation’s Electronic Music Studio (EMS) che è dotato degli apparecchi acustici più innovativi. In seguito, Chopin partecipa a numerose trasmissioni radiofoniche e televisive, si applica anche alla poesia concreta creando i «dactylopoèmes», dirige film e si esibisce in teatro, dimostrandosi un artista poliedrico e in continua ricerca. La sua poesia sonora si pone come uno strumento di opposizione contro l’arte tradizionale, ma anche contro le istituzioni politiche, sociali ed economiche che limitano la libertà dell’uomo. Poeti come Serge Pey, Leticia Ocharán o Clemente Padin fanno un passo in avanti e conferiscono alla poesia sonora il ruolo-chiave di mettere in discussione il sistema politico. Collaboratore di Chopin è Pierre Garnier, poeta, scrittore e traduttore francese che, nel 1963, elabora una nuova forma d’arte, la «Sonie», che ha al suo centro il soffio emesso dall’uomo e impresso sul nastro magnetico. Il soffio, per l’artista, è l’anello di congiunzione tra corporeo e incorporeo, rappresentando, così, l’energia necessaria per abbattere le barriere tra un linguaggio e l’altro, al fine di crearne uno aperto, fluido, nonché svincolato dalla struttura soggetto-predicato-complemento. Il suono quasi impercettibile del soffio eleva l’ascoltatore al di sopra dell’idioma e dell’universo, introducendolo, difatti, a una dimensione primitiva da cui tutto può ancora nascere. Bernard Heidsieck è un altro poeta francese che dà una grande contributo alla poesia sonora fin dall’acquisto del suo primo magnetofono nel 1959, grazie al quale riesce a registrare dei poemi caratterizzati dalla sovrapposizione della voce, dei rumori e degli effetti elettronici. Nel 1962 crea la «poésie action», cioè una performance durante cui l’artista si rapporta con dei poemi registrati su nastro magnetico, fondendo, in tal modo, la dimensione visiva a quella sonora. Estremamente attivo nel panorama culturale parigino, Heidsieck partecipa a festival, mostre e manifestazioni in tutta Europa. Bisogna aggiungere a questa folta schiera di poeti sonori francesi anche Julien Blaine, poeta visivo, concreto, sonoro, ma anche editore, performer e redattore. Nelle sue performances il grido ha un ruolo predominante. Tra gli anni Settanta e Ottanta è presente in numerose audio-antologie internazionali, ma soprattutto organizza importanti festival di poesia sonora. La Francia rappresenta, pertanto, un centro propulsivo estremamente importante, ma non è l’unico: l’Italia, infatti, consta di numerosi autori ed editori che si dedicano alla poesia sonora. Arrigo Lora-Totino, poeta torinese legato particolarmente all’esperienza della poesia concreta, nel 1964 fonda lo Studio di Informazione Estetica con il musicista Enore Zaffiri e con l’artista Sandro De Alexandris, con lo scopo di mettere in comunicazione la musica elettronica, l’arte visuale e la poesia concreta. Totino, estremamente interessato alle declamazioni futuriste, alla poesia pentagrammata di Francesco Cangiullo e al simultaneismo di Henri Martin Barzun, dal 1965 utilizza un generatore a impulsi e un riverberatore-eco per parcellizzare l’evento parlato e per sovrapporre i suoni emessi con la voce. Registra i Fonemi attraverso la tecnica del cut-up, frantumando a tal punto le parole da privarle di un significato percepibile. Nel corso degli anni Settanta, Totino, allarga la sua sperimentazione sonora, prendendo in considerazione il silenzio, lo sbalzo di volume, la moltiplicazione di consonanti, la permutazione di sillabe, come si sente, per esempio, in Trio prosodico (1979). Totino estende la poesia sonora fino a trasformarla, a suo dire, in «poesia liquida» poiché rappresenta l’unica forma di poesia mutabile, aperta a ogni utilizzo e plasmabile per qualsivoglia contesto. Il suo amico e collaboratore Piero Fogliati costruisce per lui dei congegni da usare durante gli spettacoli di poesia liquida e di musica liquida: l’Idromegafono, il Tritaparole e il Liquimofono a fiato. Nel 1978, Totino pubblica una ricchissima antologia sulla poesia sonora, Futura, dove dà spazio alla declamazione futurista, allo Zaum, al Simultaneismo francese, ai Dadaisti, agli Ultralettristi e agli autori contemporanei, come Cobbing, De Vree, Gysin, Franz Mon, Adriano Spatola, Maurizio Nannucci e Patrizia Vicinelli. Nel 1979, a Fiuggi, Totino entra a far parte del gruppo Dolce Stil Suono a cui aderiscono, tra gli altri, Adriano Spatola e suo fratello Tiziano, Giulia Niccolai, Paul Vangelisti, il citato Julien Blaine e Milli Graffi. L’anno precedente, il poeta, traduttore, critico ed editore Adriano Spatola, già noto per la sua esperienza nella poesia concreta e visiva, fonda con Ivano Burani l’audio-rivista «BAOBAB. Informazioni fonetiche di poesia» (1978-1996, Reggio Emilia) che rappresenta un punto di riferimento importante per la poesia sonora italiana e internazionale. Spatola, diversamente dai suoi amici, contrappone le opportunità offerte dal corpo umano agli strumenti tecnologici, tanto da giungere a usare il microfono come una clava dall’azione distruttiva. Nella rivista, infatti, si tenta di valorizzare le capacità vocali minimizzando gli interventi tecnologici. Spatola, inoltre, negli anni mette in scena numerose performances di grande impatto, spesso condivise con Gian Paolo Roffi, il quale esalta i valori fonici della parola. La commistione tra poesia gestuale e sonora viene perseguita da altri artisti italiani, come Carla Bertola, Alberto Vitacchio e Corrado Cicciarelli. La poesia sonora, nelle sue varie forme, si diffonde rapidamente e ha dei protagonisti importanti in varie parti del mondo. In Cecoslovacchia annoveriamo Ladislav Novák che, dal 1961, utilizza il magnetofono per arrivare gradualmente a usare il variatore di velocità e complesse tecniche di sovrincisione. Il belga Paul De Vree, d’altro canto, predilige tecniche elementari alla ricerca di un nuovo tipo di recitazione. Collaboratore di Chopin e di Sarenco, poeta visivo ed editore, De Vree è anche un promotore culturale estremamente attivo. L’inglese Bob Cobbing, invece, nel 1964 pubblica ABC In Sound, dove si occupa sia di poesia sonora che di poesia concreta. In particolare, Cobbing dilata e disgrega la parola in una partitura musicale. Jaap Blonk è un performer olandese che, grazie a strumenti manipolativi della voce, fonde parole, fischi, soffi e immagini. Inizia la sua attività alla fine degli anni Ottanta, esplorando al contempo la poesia sonora e la poesia verbo-visiva. Dick Higgins, oltre a sperimentare le possibilità sonore della sillaba, individua, all’interno della poesia sonora, quattro classi: i testi basati su lingue artificiali; opere nonsense; i «phatic poems» che trovano il loro terreno semantico nella vocalità; la scrittura immediata, privata di un piano compositivo originario. La poesia sonora, dunque, ha visto, e vede ancora oggi, numerose esperienze difformi sia per tecniche che per presupposti teorici, diffondendosi in tutto il mondo e coinvolgendo altre forme artistiche.
BIBLIOGRAFIA:
Per uno studio più approfondito della poesia sonora, si rimanda ai seguenti volumi: Vincent Barras, Nicolas Zubrugg (a cura di), Poésies sonores, Contrechamps, Ginevra 1993; Enzo Minarelli, Vocalità & Poesia. Studio per una storia della poesia sonora del Novecento, Elytra, Bologna 1995; Dmitry Bulatov, Homo sonorus: an internacional anthology of sound poetry, The National Center of Contemporary Art, Kaliningrad Branch 2001; Giovanni Fontana, La voce in movimento: vocalità, scritture e strutture intermediali nella sperimentazione poetico-sonora, Harta Performing & Momo, Monza 2003; Giovanni Fontana, Poesia della voce e del gesto. Percorsi della vocalità nella poesia d’azione, Sometti, Mantova 2004; Enzo Minarelli, La voce della poesia. Vocoralità del Novecento, Campanotto Editore, Pasian di Prato (Ud) 2008; Enzo Minarelli (a cura di), Le voci dei poeti. Parole, performance, suoni, Edizioni Aspasia, Bologna 2011; Enzo Minarelli (a cura di), Il movente della voce. Interviste con protagonisti della sperimentazione fonica nel XX secolo, Bonomo Editore, Bologna 2017.
[Clementina Greco]
[scheda aggiornata al 5 maggio 2019]